domenica 26 ottobre 2008

Analisi del madrigale di C. Monteverdi O Mirtillo, Mirtillo, anima mia

O Mirtillo, Mirtillo, anima mia è il secondo brano del Quinto libro di madrigali a 5 voci di Monteverdi pubblicato nel 1605. In questa raccolta confluirono sicuramente composizioni scritte anche prima del 1600, come conferma il trattato musicale dal titolo “L’Artusi, ovvero delle imperfezioni della musica moderna” stampato in quell’anno, nel quale proprio i madrigali di questo libro furono aspramente criticati. Nel testo venne mossa una feroce critica al nuovo modo di comporre musica da parte dei “compositori moderni”. Il Monteverdi non era preso in causa esplicitamente, ma vennero riportati come esempi alcuni “passaggi” tratti da madrigali, nei quali egli riconobbe alcune sue composizioni. L’Artusi accusava alcune trasgressioni alle regole compositive, certe asprezze sonore, e l’uso improprio delle dissonanze e delle settime non preparate. Il teorico bolognese però non comprese che quei passaggi che egli considerava errori oltre ad avere un importanza timbrica contestualizzata al significato della parola, esprimevano una nuova sensibilità armonica che andava sempre più affermandosi, attraverso il trapasso dalla modalità alla tonalità. Alla rottura dell’ideale polifonico ha contribuito anche l’evoluzione della voce più grave, che da voce partecipante alla struttura contrappuntistica, ha cominciato ad assumere funzioni di basso armonico. Il madrigale polifonico cinquecentesco qui cede il passo ad una composizione ibrida dove si ha la tendenza a considerare l’insieme vocale composta da due linee principali: melodia e basso. Per questa via Monteverdi giunse poi all’adozione del basso continuo, altra grande novità del quinto libro. Quest’ultima evoluzione del madrigale concertato aprirà poi la via alle forme nuove della cantata, dell’aria ecc. Queste novità tecnico-compositive vanno a supportare la vera novità stilistica presente in questo quinto libro: lo stile drammatico-rappresentativo, che qui domina dall’inizio alla fine. La scelta dei testi non fa che confermare questa nuova linea. Tutti i madrigali di questa raccolta sono su testi del Guarini, otto sono tratti dalle poesie e undici dal dramma pastorale il “Pastor fido”, una “tragi-commedia” (come la definisce il poeta) in versi sciolti che narra la complicata vicenda dell’amore fra il pastore Mirtillo e Amarilli. Di questi undici poi otto sono organizzati in due cicli, e questo può far credere che tali madrigali “rappresentativi” facessero parte di una vera e propria azione drammatica. Iniziamo l’analisi di questo madrigale illustrando l’articolazione musicale del testo. Essa si fonda sulla segmentazione delle immagini poetico-verbali e sulla loro individuazione musicale mediante la combinazione sempre diversa di impasti timbrici, attraverso l’alternanza delle combinazioni vocali.

O Mirtillo, Mirtillo, anima mia, 11
Se vedessi qui dentro 7
Come sta il cor di questa 7
Che chiami crudelissima Amarilli, 11
so ben che tu di lei 7
quella pietà, che da lei chiedi, avresti. 11

Oh anime in amor troppo infelici! 11
Che giova a te, cor mio, l’esser amato? 11
Che giova a me l’aver sì caro amante? 11

Perché, crudo destino, 7
ne disunisci tu, s’Amor ne strigne? 11
E tu, perché ne strigni, 7
se ne parte il destin, perfido Amore? 11


L’articolazione di questo monologo di Amarilli in versi endecasillabi e settenari sciolti, priva di rime che prestabiliscono una forma, lascia libero il compositore di strutturare musicalmente tali versi seguendo solo la logica delle immagini verbali e dalla tensione poetico-rappresentativa. Macroformalmente il madrigale è suddiviso in tre grandi sezioni caratterizzate da un diverso aspetto psicologico e drammatico. Nella prima parte, che corrisponde ai primi sei versi c’è l’invocazione di Amarilli al suo amato; nei successivi tre versi il discorso diventa interiore, ed in fine nella terza parte Amarilli si rivolge al Destino.
Nella prima parte si possono individuare delle suddivisioni interne. L’invocazione iniziale O Mirtillo… è affidato a tutte e cinque le voci, e comprende le prime 5 misure. In questo primo verso si esprime tutta la tristezza di Amarilli: la melodia del Canto procede subito con una sesta magg. discendente che richiama l’atmosfera del Lamento di Arianna. Retoricamente questo andamento melodico definito planctus, esprime proprio l’inflessione lamentosa della preghiera di un amante. L’accento tonico della parola Mirtillo è enfatizzato dal ritardo della terza nel quinto. Questa invocazione viene subito chiusa su di una cadenza perfetta a Fa, a batt.2. Il seguito del verso è separato dalla figura retorica della suspirazio: una pausa di semiminima in tutte le voci. La diminuzione dei valori rappresenta la concitazione psicologica che sovviene nell’animo di Amarilli al pensiero dell’Amante. Qui la parola anima è connotata dall’andamento ritmico della minima col punto, che gli conferisce un particolare peso espressivo. Sulla parola mia si ritorna ad allentamento dei valori con un altra cadenza perfetta a Sol (Batt.5). Attraverso queste due ravvicinate cadenze si capisce subito che l’impianto modale del madrigale cinquecentesco sia ormai scardinato. Si parte da Sib e si cadenza a Fa, poi in progressione si riparte da Do e si cadenza a Sol. A questa zona contraddistinta da una scrittura in stile declamato, si contrappone la sezione successiva dove il secondo e il terzo verso vengono uniti un un’unica frase musicale, che viene ripetuta con due assetti timbrici differenti, prima da batt.5 a batt.10 con le coppie BT e CQ, poi nelle batt.10-14 con le sole tre voci femminili AQC. Qui si ha uno sviluppo del materiale precedente. Vediamo all’inizio ancora la figura la figura retorica della suspirazio che precede una breve figurazione imitativa per terze col gioco delle coppie fra BT e QC, che ricorda un andamento marenziano. Di particolare rilievo è l’andamento melodico del canto alla batt.7 che fa un ritardo di settima preparato, ma che non risolve, regolarmente discendendo di grado congiunto su una consonanza, ma con un salto di quinta discende su di una consonanza (questo si ripete anche a batt.11). Questo passaggio sicuramente era uno di quelli aspramente criticati dall’Artusi, ancora legato alle vecchie regole contrappuntistiche. Monteverdi invece dimostra di possedere un sensibilità musicale nuova dove la dissonanza si è emancipata dalla sua risoluzione ed ha acquisito un’importanza espressiva che vive di vita propria. La parola cor è contraddistinta dalla sincope, ulteriore sviluppo della minima puntata sulla parola anima, che sta a rappresentare l’aspetto psicologico dell’animo di Amarilli che ha il cuore in pena, in affanno. In questa zona è caratterizzata moralmente dalla sequenza di triadi maggiori di FA MI RE SOL FA alle batt. 8 e 9, che le conferiscono un particolare colore armonico-timbrico. Il quarto verso a batt.14 inizia a tre voci BAC poi le voci mancanti TQ entrano successivamente ripetendo così il verso una seconda volta fino a batt.29. Questa zona è contraddistinta da un sostanziale rallentamento dei valori, e da una scrittura imitativa. Infatti il motivo parola “Che chiami crudelissima Amarilli” esposto la prima volta al basso che procede omoritmicamente con A e C è poi ripetuto per intero (tranne l’ultima nota) dal Q a batt.18, dal T a batt.20, dall’A a batt.21 e ancora dal S a batt.22. Queste ultime entrate ravvicinate conferiscono una grande forza espressiva alle parole “Che chiami” e vanno così a rappresentare il grande peso che esse avevano nel cuore dell’innamorata Amarilli. Queste entrate in imitazione vanno poi a creare una concatenazione di ritardi e appoggiature (il ritardo è preparato e la risoluzione non è sillabata, mentre nell’appoggiatura si ha il cambio di sillaba nella risoluzione), che creano dissonanze che servono a caratterizzare la parola crudelissima. A batt.16 c’è il ritardo 2-3 al basso. Nelle batt.17 e 18 abbiamo due ritardi di settima, prima con la settima al basso che fa un ritardo 2-3, poi al contralto. A batt.20 abbiamo un doppio ritardo di 4° e 7° sulla 3° e 6°, il culmine espressivo è a batt.23 e seguenti con il doppio ritardo 7° e 9° con la nona a distanza di seconda col basso, poi il ritardo della 4° e della 6° alla batt.24. A batt.25 abbiamo ancora un doppio ritardo: al T c’è il ritardo di 9° a distanza di seconda dal basso e al C il ritardo della 3° reso ancora più incisivo dalla presenza della terza al contralto. Alle batt.26 e 27 al C c’è il ritardo di 7° quindi sulla cadenza a Sol a batt.28 c’è il ritardo canonico 4-3 al Q. Questa lunga serie di dissonanze sempre più dure serve a Monteverdi per realizzare drammaticamente l’animo di Amarilli che ha ormai abbandonato la tristezza iniziale, ed esprime sentimenti di dolore e di rabbia verso l’ingrato Mirtillo. Dopo questo sfogo di rabbia i toni ritornano pacati nel quinto e nel sesto verso, che sono anch’essi uniti in unica arcata musicale da batt.29 a batt.35, affidata a sole tre voci TQC. Questa parte è caratterizzata da triadi perfette, che appunto in forte contrasto con la zona precedente, espressivamente rappresentano la riacquisita calma. Particolare rilievo la parola pietà connotata dal da una minima col punto. In questa parte modalmente si va dal Sol minore ad un La maggiore in cadenza sospesa.
Veniamo ora alla seconda zona macroformale. Il settimo e l’ottavo verso vengono affidati allo stesso numero di voci BAQC alle batt.35-46. Nel nono verso batt.46-51 si cambia ancora impasto timbrico utilizzando le voci TAQC. A batt.36-37 l’esclamazione “Oh anime …” del settimo verso è reso espressivamente e musicalmente attraverso un breve inciso melodico ascendente, che è una chiara evoluzione del motivo parola di batt.5-6. Questo è chiaramente l’amplificazione dell’esclamazione del parlata. Al motivo iniziale del C rispondono per terze B e A poi ancora il C ripete dalla nota di arrivo RE la medesima scala ascendente andando così a coprire un intervallo di settima. Questa nota SOL è anche il culmine più acuto dell’intero brano. Questo gioco imitativo si svolge su di un pedale di Re tenuto dal contralto. Il verso prosegue con un andamento omoritmico che conduce a una cadenza imperfetta a RE dove la sensibile al C non risolve ma scende di quinta per caratterizzare la parola infelici.  Nell’ottavo verso troviamo in sintesi sia il materiale dell’inizio del verso precedente al C che un’evoluzione del motivo parola “Che chiami crudelissima Amarilli” nella voce del contralto. Il verso si chiude a batt.45 sulla cadenza modale a LA con una fermata sul valore di semibreve sulla sillaba tonica della parola amato. Questo è poi simmetricamente ripetuto nel verso seguente a batt.50 sulla parola amante, però con una cadenza perfetta a RE. In questo modo sono così correlati musicalmente i due versi anche letteralmente corrispondenti.
L’ultima macro-sezione inizia a batt.51. Il decimo e l’undicesimo verso sono uniti in un’unica frase musicale affidata alle voci BAQC, e anche gli ultimi due versi hanno questa struttura, ma vengono ripetuti due volte, la prima con uno svuotamento timbrico ottenuto con le tre voci TQC, la seconda con l’utilizzo di tutte e cinque.
Le parole crudo destino del decimo verso sono sottolineate musicalmente da una 4° e 6° di volta. La struttura del verso è poi resa speculare dalla 4 e 6 di batt.56.Nella ripetizione degli ultimi due versi, uniti in un’unica frase musicale, si nota al contralto l’elemento tematico di batt.41. Da notare il particolare movimento melodico di questa voce a batt.63-64 dove la settima non risolve ma sale. Questo è un altro di quei passaggi che sicuramente l’Artusi considerava errato. 
Dallo studio delle combinazioni timbriche utilizzate in questo brano si nota subito che il Cantus non tace mai, e porta praticamente sempre la melodia, mentre le altre voci svolgono un compito per lo più armonico. Questo è avvalorato dal fatto che i procedimenti imitativi sono ridotti al minimo e si ha per tutto il brano un costante andamento omoritmico delle parti. Si tratta quindi di un madrigale in stile declamato, la cui melodia risulta per molti aspetti uguale al declamato operistico del recitar-cantando. L’impianto modale appare alquanto scardinato: il madrigale inizia sul Sib, ma finisce sul Re, mentre al suo interno sembra affermarsi la cadenza a Sol, tra l’altro queste tre polarità vanno ad affermare la triade di Sol min. Si capisce allora che ormai la modalità come era concepita nel secolo precedente ha definitivamente lasciato spazio ad una nuova sensibilità, che si affermerà poi nei modi maggiore e minore. 


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