Questo mottetto, stampato nell’anno 1581, rappresenta una delle più alte espressioni dell’arte Palestriniana. Nel suo linguaggio l’imitazione non è un solo artificio, ma diventa una tecnica al servizio e dell’espressività della parola e del pensiero. L’importanza musicale del Palestrina nella controriforma sta, come vedremo anche in questo Mottetto, nella sua grande capacità di saper utilizzare nel migliore dei modi la tecnica compositiva in senso espressivo. Il mottetto è diviso in cinque episodi, corrispondenti ai versetti che compongono il testo di questo salmo che racconta la deportazione del popolo d’Israele in Mesopotamia. Questi versetti sono: “Super flumina Babilonis”, “Illic sedimus, et flevimus”, “dum recordaremur tui, Sion”, “in salicibus in medio ejus”, e “suspendimus organa nostra”.
Il primo episodio è di carattere imitativo. Il motivo-parola, inizialmente esposto al bassus, è lungo quattro battute e mezzo. Il suo profilo melodico procede sempre per grado congiunto, fatta eccezione per l’intervallo di terza minore (la-do) che idealmente lo divide in due parti. La prima parte del tema Super flumina è caratterizzata ritmicamente da una progressiva diminuzione dei valori, e melodicamente dal semitono diatonico discendente. Questo movimento è una variante della figura retorica del planctus. Questa linea melodica disegna un profilo ondeggiante nel quale si può riconoscere l’onda del fiume (vedi similitudine con il tema del madrigale “Ecco mormorar l’onde” di Monteverdi). L’inizio prende quindi la forma di un’invocazione lamentosa e piena di dolore. La seconda parte Babilonis, è una discesa per grado congiunto che copre una sesta. Qui si può riconosce la figura retorica della catabasi usata solitamente in relazione a contenuti testuali quali “scendere”, “inferno” e “peccato”. In questo caso potrebbe connotare Babilonia come luogo e simbolo di perdizione. Nella costruzione di questo motivo parola si può ancora vedere una particolare insistenza sulla finalis La. Questa nota, infatti, è usata con valori più o meno lunghi per ben quattro volte. Questo fatto conferisce al tema una forte staticità, che potrebbe esprimere il concetto della permanenza in schiavitù degli ebrei nella terra Babilonese. Le voci una volta finita l’esposizione del motivo-parola proseguono, in contrappunto fiorito, con linee melodicamente e ritmicamente riconducibili al motivo iniziale. A bat.5 e seguenti nel bassus viene elaborato per moto contrario il frammento melodico semiminima col punto più croma di Babilonis. Vediamo poi come la parola “Babilonia” sia sempre connotata, come si diceva sopra, da una linea discendente, e dal caratteristico inizio con la semiminima puntata. Questo disegno trova la sua maggiore elaborazione nel vocalizzo a bat. 11 e 12, dove c’è l’imitazione ravvicinata tra cantus e la coppia altus-tenor. Procedimento questo che ricorda molto lo stile di Orlando di Lasso. Da qua, si comprende come il concetto di composizione nel rinascimento era soprattutto basato sulla elaborazione dei materiali, e non come invenzione e creazione. La struttura imitativa di questo primo episodio è costruita con un progressivo allontanamento delle entrate delle voci: l’altus a bat.2, il cantus a metà di bat.5, il tenor a metà di bat.10. Questo fatto può simbolicamente rappresentare l’allontanamento del popolo ebreo dalla patria. Confrontando il tema esposto al basso con quello alla repercussio esposto all’altus, si nota come il suono Sol#, sia un’alterazione cromatica della subfinals. Ciò evidenzia l’affermarsi nel linguaggio rinascimentale di una sensibilità tonale.
C’è una prevalenza delle entrate sulla finalis: tre contro una sola entrata sulla repercussio. Questo conferisce all’intero episodio una forte stabilità modale al protus in La, o IX modo del Glareano. Ciò non è altro che lo sviluppo macroformale della stabilita del tema sulla nota La. Questa stabilita esprime ancora di più la situazione di permanenza forzata espresso delle parole del primo versetto. La microstruttura del tema con la sua chiusura melodica Fa-Mi a bat.4-5, è poi trasferita nella macrostruttura del primo episodio. A bat.13 la cadenza perfetta a La è ampliata dal passaggio sulla triade di Fa maggiore, enfatizzata dal ritardo della terza al cantus, e dall’ulteriore dissonanza provocata dalla linea dell’altus che si muove parallela al cantus per settime (la nota reale La si configura come una nota di volta). Questo arricchimento della cadenza con ritardi e note di passaggio viene chiamato pleonasmo, e serve in questo caso a conferire al Fa magg. una forte tensione che si risolve sulla repercussio Mi. In questo modo la cadenza perfetta a La, che avviene con una netta rarefazione sonora perde di importanza. Questa particolare conduzione delle voci può servire a rendere musicalmente l’idea dell’allontanamento e dell’isolamento, presenti nel contenuto testuale di questo salmo.
Il secondo motivo parola ha inizio a bat.14. Il testo si riferisce al momento della riflessione del popolo d’Israele che dopo un lungo cammino, una volta giunto sui fiumi di Babilonia prende veramente coscienza del proprio stato di schiavitù. Il testo infatti dice: “Illic sedimus, et flevimus” lì ci sedemmo e piangemmo. Il lamento che inizialmente era implicito, affidato all’espressività della linea melodica, diviene qui esplicitamente dichiarato dal testo. Palestrina rappresenta musicalmente questo stato d’animo utilizzando la “noema”, figura retorica che si identifica appunto con il concetto di pensiero. Questo motivo-parola contiene i due predicati-verbali del discorso: sedemmo e piangemmo. L’andamento omoritmico, tipico della noema, è qui utilizzato per rendere più immediato il significato del testo. Il verbo “sedersi” è espresso con un brusca discesa timbrica verso il basso a bat.14, che sembra essere la rappresentazione musicale dell’azione dell’abbassarsi. L’omoritmia, inizialmente osservata da tutte le voci, vedi bat.14-15, lascia poi spazio a brevi andamenti melodici (nel tenor a bat.16 e 19, nel cantus a bat.17 e 22, infine nell’altus a bat.22) che movimentano il ritmo sulla parola flevimus, e che descrivono musicalmente questo gemito. A bat.19 il testo viene ripetuto, l’omoritmia delle voci è ancora parzialmente presente ma si procede con una imitazione tre voci contro una. A bat.21 la parola et flevimus è musicata con la tecnica dell’imitazione ravvicinata due voci con la partenza sul tempo debole (cantus e altus) contro le altre due sul tempo forte. La pausa a bat.21 nel cantus e nell’altus ha la funzione retorica della suspirazio. Questa tecnica è utilizzata in modo da sottolineare l’espressività della parola, in questo caso il singhiozzare del pianto. Il suono Do# dell’altus a bat.14 muta improvvisamente la modalità iniziale. Dal XI modo glareano, si passa ad un vero protus a Re. In questo episodio si nota la prevalenza di triadi maggiori messe in successioni armoniche tipiche del linguaggio modale (vedi bat.16 falsa relazione tra bassus e altus Do-Do#). Questa zona assume quindi un colore sonoro contrastante rispetto al “La minore” del primo episodio. Il motivo-parola è ripetuto due volte ed entrambe le volte è chiuso da una cadenza sulla repercussio: la prima sulla triade di La magg. a bat.18, la seconda sulla triade di Mi magg. a bat.23. Questo repentino cambiamento di modo, anch’esso nettamente in contrasto con la staticità dell’inizio del mottetto, e queste sospensioni sono aspetti che si riferiscono all’idea di turbamento e di disperazione e quindi al pianto del popolo ebreo.
Il terzo episodio e di nuovo di carattere imitativo. Questa tecnica compositiva assolve qui la funzione retorica della ridondanza. L’altro parametro fondamentale di questo episodio è il timbro. Il motivo-parola è una chiara elaborazione del primo tema: l’intervallo di terza presente al centro del primo motivo parola diventa la caratteristica iniziale di questo motivo parola, mentre la discesa per grado congiunto Do-Mi rimane invariata. Il tema è proposto in imitazione sette volte (cinque sulla repercussio Mi e due sulla finalis La). Questo numero particolarmente importante per la religione ebraica serve a sottolineare la parola Sion. Il motivo-parola è poi accompagnato da altre linee discendenti di chiara derivazione tematica in contrappunto imitato. Questa dialettica tematica, può rappresentare il duplice aspetto del ricordo di Sion: ricordo positivo perché patria amata, ma nello stesso tempo negativo perché lontana e abbandonata con la forza. Questo episodio a bat.33 ha una cadenza perfetta a La, composta dalla quarta e sesta preparata e risolta come doppio ritardo della terza e quinta e con il salto principale nella voce inferiore (tenor), che divide una prima sezione dove i due temi, retto e contrario e quindi il ricordo positivo e negativo si equivalgono, da una seconda parte dove si afferma il motivo parola principale e quindi in pensiero positivo. Il movimento ascendente di crome nell’altus infatti, riapre immediatamente il discorso musicale che riprende con l’imitazione del tema fino a bat.39, dove c’è un’altra cadenza a La, questa volta configurata come una repercussio.
Il quarto motivo-parola è “in salicibus in medio ejus”: nella sua linea ad arco si riconosce un’ulteriore elaborazione tematica del tema originale. L’intervallo di terza minore è ora riempito dal passaggio per grado congiunto, quindi si ha ancora una discesa, sempre per grado congiunto. La cellula ritmica semiminima col punto – croma viene ora utilizza in due battute ravvicinate. Questa tecnica di elaborazione tematica subirà poi nell’ultimo episodi un’ulteriore sviluppo, dove questa cellula verrà messa in progressione. Questo quarto episodio comprendente le bat.39-55, è di carattere imitativo, ed è diviso in due sezioni da una duplice cadenza a bat.46 e 47, la prima a Re e subito dopo una a Fa. Queste due cadenze così ravvicinate servono però come snodo armonico, in modo da non creare una cesura troppo forte con la seconda partenza tematica. Nella prima parte ci sono tre entrate del tema. Particolare è l’entrata del tema a bat.39 del tenor e del bassus che si muovono per terze parallele. Questa conduzione delle parti, tipicamente non contrappuntistica, esprime l’esigenza del compositore di dare particolare forza espressiva a questo testo attraverso l’uso di un colore sonoro, ed un timbro ben determinato e riconoscibile. Questa tecnica verrà poi ulteriormente sviluppata nell’ultimo episodio, dove sarà presente in ogni entrata tematica. Da bat.46 il tema è ripetuto con la tipica partenza imitativa a terrazze dal bassus al canto. Questa seconda sezione porta ad una cadenza sospesa in Sol. L’ultimo episodio “suspendimus organa nostra” è il più lungo dei cinque. Qui le dieci entrate imitative del tema, assolvono il fine retorico della perorazione. Il motivo-parola è costruito su di una progressione melodica discendente, come anticipato prima costruita sulla cellula ritmica semiminima col punto – croma. Tale andamento modulare serve a esprimere l’idea della sospensione. In questa ultima parte ogni ripetizione del motivo-parola è chiusa da una cadenza: bat.58 a La, bat.60 a Mi, a bat.62 a Fa, a bat.66 a Do, a bat.68 a Fa, ed in fine a bat.71 a Mi come repercussio di La. Questo continuo susseguirsi di cadenze ravvicinate a diversi toni crea un’atmosfera d’indecisione modale che serve ancora per sottolineare l’atmosfera di sospensione che sottintende il testo. Qui il gioco timbrico delle terze parallele diventa predominante. Questo colore viene sempre contrapposto all’entrata ravvicinata, come uno stretto, di una singola voce, in modo da creare la struttura due voci contro una. L’ultima entrata del bassus avviene sul battere per enfatizzare il ritardo della terza al cantus. Abbiamo quindi la stretta finale con l’imitazione tra la coppia Tenor e altus contro il cantus sul testo organa nostra. La pausa del cantus a bat.69, come fosse l’ultimo sospiro, serve per mettere ancora più in risalto l’ultima entrata. L’ultima cadenza si configura come ciò che oggi definiremmo cadenza sospesa. Essa è ottenuta con la successione delle triadi perfette di FA, RE, e MI, che nel linguaggio tonale chiameremmo VI-IV-V grado. Questo andamento più di ogni altro ci fa capire come la sensibilità tonale, e il rapporto tonica-dominante alla fine del cinquecento si stava sempre di più affermando. Da notare poi che l’ultimo intervallo del cantus La-Sol# è il primo esposto all’inizio del mottetto dal bassus, ed è come se la composizione si richiudesse su se stessa. L’elevato livello artistico che Palestrina raggiunge in questo mottetto sta nel domino del materiale melodico, e nella sua capacità di elaborare il rapporto testo-musica tramite artifici tecnici semplici utilizzati in senso espressivo. L’artificio tecnico-compositivo non è mai utilizzato fine a se stesso, ma è sempre al servizio dell’espressività della parola. Abbiamo precedentemente visto come ogni motivo-parola sia l’elaborazione dello stesso tema iniziale, e anche come le parti libere sono sempre condotte come sviluppo di cellule melodico ritmiche riconducibili anche loro al tema. Questa forte unità tematica è poi utilizzata con grande fantasia in svariate tecniche contrappuntistiche ed imitative, che rendono il tessuto musicale in continua evoluzione, senza mai cadere nella ripetitività. Anche l’impianto modale viene utilizzato in senso espressivo. Il cambiamento modale avviene in corrispondenza di particolari zone del testo: Illic sedimus, et flevimus e suspendimus e serve a sottolineare un cambiamento di stato emotivo. La totale inscindibilità testo-musica, ottenuta con utilizzo di tutti i parametri musicali fa di questo mottetto, come asserito all’inizio dell’analisi una delle più alte espressioni dell’arte Palestriniana.
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